Perché Le Laudi

A servizio della speranza

Se, come diceva Paolo VI nel suo discorso di apertura del Concilio, i credenti devono offrire agli uomini di oggi “il messaggio di amicizia, di salvezza e di speranza che Cristo ha portato nel mondo”, servono di luoghi dove “incontrarla” questa umanità, con i suoi volti e i suoi linguaggi.

La scelta che portò alla costruzione del Teatro Le Laudi fu ispirata proprio da questa esigenza di apertura alla cultura contemporanea, nei valori come nelle contraddizioni. Mi ricordo che l’allora Arcivescovo Card. Giovanni Benelli, visitando il cantiere della nuova opera, manifestò tutto il suo entusiasmo per una iniziativa che finalmente superava i confini di una visuale riduttiva dei rapporti fra Vangelo e cultura, fra comunità cristiana e territorio, si prenotò lui stesso per l’inaugurazione ma purtroppo non ce la fece. Fu il suo successore Card. Silvano Piovanelli a presenziare alla cerimonia, mostrando fin da allora un notevole interesse per questa realtà che lo ha visto anche partecipare di persona ad alcuni importanti appuntamenti teatrali.

Nella ricerca di un dialogo con la cultura, il privilegio accordato a un mezzo di comunicazione sociale che fra tutti gli altri è certamente il più “povero” ha voluto esprimere proprio la volontà di incontrare l’uomo vero, con i suoi slanci, le sue cadute e soprattutto le sue domande.

 

La Chiesa, purtroppo anche in documenti recenti, pone la sua attenzione soprattutto sui grandi mezzi di comunicazione, preoccupata della loro influenza sulle masse, invano inseguendoli nella loro corsa al potere. Essa non ha tenuto sufficientemente in considerazione quelli che potevano essere gli spazi più vicini alla dimensione interpersonale come espressione e appello; tra i quali eccelle “l’antica e nobile arte del teatro”, come la definisce il Concilio Vaticano II.

Il teatro è un mezzo tecnologicamente povero e limitato, ma certamente più umano e umanizzante di tutti gli altri, i quali talvolta rischiano di indurre una cultura passiva e deresponsabilizzante.

Questa arte invece presuppone sempre il coinvolgimento diretto della persona con la sua interiorità e anche con tutti i rischi di una presenza non artificiosa ma reale. Il teatro è poi occasione espressiva per tutte le arti dello spirito, esperienza nella quale nessuna dimensione autentica del vivere resta mortificata. Direi che se ne dovessimo dare una interpretazione in riferimento alla realtà della fede, esso ci appare come la rappresentazione viva del mistero dell’uomo che pone domande a se stesso; un evento che non può per noi non avere un rapporto significativo con la “ripresentazione” del Mistero di Cristo che viviamo nell’Eucarestia.

Il vero Teatro, anche quando è occasione di divertimento e di ironia, non è mai banalità, perchè solo chi scende nel profondo delle contraddizioni della fragilità umana può offrire alla riflessione il lato meschino e comico dei nostri volti. Una salutare ironia che in ultimo svela le dimensioni che hanno bisogno di essere relativizzate di fronte a ciò che invece è veramente essenziale per la identità della persona.

Fare teatro è sempre un servizio reso all’umanità perchè possa comprendere meglio se stessa e continuare a porsi domanda aperta.
Questi erano i nostri intendimenti iniziali; e forse allora potevano sembrare sogni.

Ma oggi, anche grazie alla sapiente opera di chi si è alternato alla guida del Teatro, bisogna con gioia constatare che il Teatro Le Laudi è cresciuto tenendo fede agli ideali originari. Nella sua umiltà è ormai un segno qualificato di un nuovo stile di ricerca e dialogo nel tessuto della città.

Se “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi sono anche quelle dei discepoli del Signore”, come vuole il Concilio, guardare l’uomo complesso e inquieto ma vero che il teatro ci presenta dovrebbe far emergere in noi la misteriosa nostalgia del volto del Cristo Salvatore.

Carlo Maurizi

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